Torna Climbing For Climate – 22-23/07/2022

In occasione della quarta edizione dell’evento, promosso dalla Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS) e dal Club Alpino Italiano (CAI), i Rettori, i Delegati e le autorità rappresentative nazionali salgono sui ghiacciai della “vetta d’Europa” per lanciare un appello per il potenziamento del contrasto alla crisi climatica, alla crisi ecologica e alla perdita di biodiversità, con particolare riferimento agli ambienti alpini, ma non solo. 

L’evento nazionale sul Monte Bianco è organizzato dall’Università degli Studi di Brescia, Club Alpino Italiano (CAI) Sezione di Brescia, Università della Valle d’Aosta, Atenei piemontesi (Politecnico di Torino, Università degli Studi di Torino, Università del Piemonte Orientale, Università di Scienze Gastronomiche), con i patrocini di Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), Conferenza dei Rettori delle Università italiane (CRUI), Comitato Glaciologico Italiano (CGI), Club Alpino Italiano (CAI), Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), Legambiente e Universitas Montium (UNITA) e con la collaborazione di ARPA Valle d’Aosta, Fondazione Montagna Sicura e Comando Truppe Alpine, il Comando dell’Esercito Italiano che per la prima volta partecipa all’evento.

Il cambiamento climatico, l’aggressione alla biodiversità e agli equilibri naturali stanno uccidendo, direttamente e indirettamente, milioni di persone ogni anno, e il bilancio non può che aggravarsi. Proprio perché consapevoli da molto tempo di questa traiettoria, l’ impegno scientifico, divulgativo e di promozione della consapevolezza dell’intensità di questi rischi non può che aumentare dopo i fatti della Marmolada.

Il ghiacciaio è una memoria, uno scrigno di informazioni da esplorare. Analizzando i suoi strati possiamo ipotizzare e comprendere il clima in periodi storici più o meno distanti e a quali cambiamenti il nostro ambiente sia andato incontro. I ghiacci del Monte Bianco stanno fondendo rapidamente, come ogni ghiacciaio al mondo, per effetto del riscaldamento climatico e questa trasformazione ha un responsabile: il nostro sviluppo squilibrato, le nostre scelte economiche, il nostro stile di vita

Non c’è più tempo. Le inerzie e le lentezze osservate nell’attuazione degli impegni di mitigazione hanno eroso tutte le opzioni di gradualità a disposizione delle società. Secondo le analisi raccolte dall’IPCC, per conservare una probabilità del 50% di limitare il surriscaldamento globale al di sotto di 1.5°C entro il 2100, le emissioni residue di gas serra ammontano a circa 500 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente. Agli attuali tassi di emissione, si tratta di poco più di dieci anni. Le emissioni globali devono iniziare a ridursi entro il 2025 e scendere del 43% rispetto al 2019 entro il 2030. Si tratta di scadenze ormai prossime, difficilmente traguardabili in assenza di una consistente accelerazione nelle azioni di mitigazione. Perfino l’azzeramento delle emissioni climalteranti nette al 2050 rischia di essere compromesso dall’insufficiente ambizione e concretezza dei piani nazionali.

I ghiacciai della Valle d’Aosta rappresentano numericamente i 2/3 dei ghiacciai dell’Italia occidentale, ma rappresentano oltre l’80% della superficie glaciale complessiva (circa 160 km2), grazie anche alla presenza di grandi ghiacciai, come il Ghiacciaio del Miage (10,6 km2), il terzo per dimensione in Italia.

Il ghiacciaio del Miage è situato in Val Veny, sul versante meridionale del Massiccio del Monte Bianco, dove copre un dislivello altimetrico superiore ai 3000 metri: dai 4810 (vetta del Monte Bianco) ai 1700 della fronte glaciale trilobata.  La sua principale caratteristica è la copertura detritica del settore di ablazione, per cui è classificato come un “debris covered glacier”. Lo strato detritico protegge e isola il sottostante ghiaccio dalle radiazioni solari dirette, permettendone la parziale conservazione e limitando gli arretramenti della posizione della fronte, a differenza di quanto si osserva per gli altri ghiacciai alpini.

Per questo il Miage ha resistito per anni al calore estivo, protetto dall’abbondante copertura detritica. A oggi rappresenta uno dei pochi corpi glaciali con un’estensione ancora confrontabile con quella del secolo scorso. Ma i segni della fusione eccessiva incominciano ad essere sempre più evidenti sulla sua superficie: formazione di laghi supraglaciali, di falesie di ghiaccio, abbassamento della superficie glaciale, collasso delle morene sono processi ormai comuni anche per il Miage.

L’escursione CFC4 sul Miage, guidata dal Comitato Glaciologico Italiano, cui partecipa anche la Delegata RUS del Politecnico di Milano, Eleonora Perotto, prevede osservazioni sul terreno e il confronto con immagini storiche; ciò permetterà di comprendere come la morfologia glaciale sia profondamente influenzata dai cambiamenti climatici, con effetti tangibili non solo sul lungo periodo, ma con profonde variazioni anche nel breve periodo: ad esempio le alte temperature estive modificano la superficie glaciale, fondendo con maggiore intensità le zone del ghiacciaio non interessate da copertura detritica, inducendo l’apertura e l’approfondimento dei canali di deflusso delle acque di fusione, la formazione di piccoli laghi supraglaciali ed in generale determinando rapide perdite di volume di ghiaccio con abbassamento della superficie.

Comunicato Stampa