Climbing for Climate (CFC) torna sull’Adamello – 30-31/07/2023

Con l’obiettivo di aggiornare al 2023 il monitoraggio dell’avanzamento della fusione dei ghiacciai e lanciare un appello ai cittadini e alle Istituzioni per potenziare il contrasto alla crisi climatica, alla crisi ecologica e alla perdita di biodiversità, con particolare riferimento agli ambienti alpini e montani, l’Università degli Studi di Brescia e gli atenei della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS), insieme con Legambiente, Comitato Glaciologico Italiano e Club Alpino Italiano, nell’ambito della 5^ edizione del Climbing for Climate (CFC), promosso dalla RUS, sono tornati il 30 e 31 luglio 2023, sui ghiacciai del gruppo dell’Adamello.
Tra i partecipanti all’escursione anche il Responsabile Servizio Sostenibilità Ambientale del Politecnico di Milano, Eleonora Perotto.

Ondate di calore, alluvioni, siccità prolungate e incendi sono solo alcuni dei segnali dell’intensificarsi degli impatti dei cambiamenti climatici nei nostri territori. In base ai modelli matematici sviluppati dai ricercatori, ai rilievi glaciologici e alle proiezioni dei modelli climatici globali, si prevede che il Ghiacciaio dell’Adamello, il più grande ghiacciaio italiano (quindici chilometri quadrati di superficie), scomparirà̀ del tutto entro la fine del secolo, ma per buona parte entro i prossimi due decenni, per effetto del riscaldamento globale.
Per avere un’idea del processo in atto basti pensare che del volume di 870 milioni di metri cubi di ghiaccio rilevato a fine millennio, se ne è fuso oltre la metà, dovuto alla diminuita nevosità invernale sommata all’effetto dell’aumento delle temperature. La superficie del ghiacciaio, che nell’agosto 2007 misurava 15.7 km2, nell’agosto 2022 si è ridotta a 13.1 km2, con un ritiro dell’11% ogni dieci anni (Figura 1). Ormai il ghiacciaio dell’Adamello non è più un’unica massa di ghiaccio, essendosi staccate alcune placche isolate (sotto il Dosson di Genova, il Passo della Lobbia, la Cima Venerocolo, il Corno Bianco).

 

Figura 1 – L’estensione del Ghiacciaio dell’Adamello rilevata da immagini satellitari nel 2007 e nel 2022.

Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), rispetto all’era preindustriale le temperature in questa regione delle Alpi sono già aumentate di 2 gradi, toccheranno i 3 gradi centigradi entro il 2050 e tra 3 e 6 gradi alla fine del secolo, determinando così la scomparsa del Ghiacciaio dell’Adamello. Se non verranno messe in atto misure drastiche di decarbonizzazione, la perdita di massa potrebbe subire un’accelerazione anche per effetto del continuo annerimento, visibile sulla superficie del Ghiacciaio dell’Adamello, prodotta dal deposito delle polveri trasportate dal vento e dallo sviluppo di sostanze organiche che aumentano la predisposizione del Ghiacciaio ad assorbire la radiazione solare e a fondersi.

La ricerca CLIMADA

Il Ghiacciaio dell’Adamello è palestra per ricercatori italiani e stranieri. Dal 2022 un team coordinato da Fondazione Lombardia per l’Ambiente e che comprende, oltre all’Università degli Studi di Brescia, la Comunità Montana di Valle Camonica, ente gestore del Parco dell’Adamello, il Politecnico di Milano e l’Università di Milano-Bicocca sta conducendo un progetto di ricerca che ha come obiettivo anche quello di raccogliere dati e informazioni sulla futura dinamica del ghiacciaio. La ricerca, finanziata dalla Fondazione Cariplo, fa tesoro dei parametri raccolti nelle perforazioni effettuate nel ghiacciaio dell’Adamello fino ad una profondità di circa 240 m per affinare i calcoli e le previsioni teoriche.

Cosa possiamo fare per rallentare la fusione del Ghiacciaio e scongiurare la catastrofe climatica?

CFC si unisce all’Appello degli scienziati italiani: “Siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro climatico. Siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050. Possiamo farlo anche grazie a una corretta comunicazione e alla cooperazione tra noi tutti”.

Le Università organizzatrici dell’evento Climbing for Climate 5, il CAI e la RUS rivolgono alle istituzioni regionali e nazionali l’appello a adoperarsi affinché il patrimonio territoriale venga preservato e arricchito, attraverso la protezione e il riequilibrio delle sue dotazioni finite e dei flussi di risorse rinnovabili. In particolare, per l’Italia si chiede l’attuazione prioritaria e rapida dei seguenti interventi:

1 – individuare analiticamente e su base integrata e sistematica i rischi per la preservazione del patrimonio territoriale e le opportunità e i benefici della sua tutela e valorizzazione, attraverso valutazioni quantitative integrate e nella prospettiva degli SDGs 2030;
2 – adottare più rigorosi meccanismi di pricing delle emissioni, in grado di ridurre drasticamente l’impronta ecologica in tutti i settori-chiave: industria, trasporti, turismo, energia, edifici, agricoltura, acque, suolo, ecc.;
3 – individuare e implementare rapidamente misure incentivanti concrete e strumenti finanziari innovativi che il settore pubblico e privato possano impiegare per la protezione, rigenerazione e valorizzazione dell’ecosistema e dei suoi servizi, in chiave sostenibile;
4 – rivedere il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), allineando i suoi obiettivi almeno con quelli di “Fit for 55” dell’UE e con l’azzeramento delle emissioni nette al 2050 e affiancandolo con un piano credibile di attuazione;
5 – attuare una profonda revisione dei sussidi ambientalmente dannosi riducendo drasticamente i sussidi diretti e indiretti alle fonti energetiche fossili;
6 – mobilitare investimenti, sostenere cultura, ricerca, tecnologia e innovazione per la conservazione e valorizzazione del patrimonio locale.

Fonte: dal comunicato stampa di CFC 5 (edizione 2023)